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published by joe

alla porta



lunedì, aprile 17, 2006

harlem, alla messa,i cori gospel

ho attraversato harlem, e alla fine mi sono sentito bene. la paura iniziale, un terrore, quasi, figlio di raccomandazioni, racconti, storie, si e' dissolta con il sole di una magnifica domenica ed il vento l'ha portata via. "come un rabbino ad harlem". una citazione poco colta, ma non siamo uomini (e donne) di cultura. harlem e' nera. harlem ha un cuore islamico. e un cuore battista. e un cuore protestante. harlem e' la musica in ogni angolo, in ogni negozio. gospeljazzbluesraphipopblack. ad harlem per strada si vende sapone profumato, incensi ed olii colorati. si vendono libri sui neri d'america, malcom x, martin luther king, islam e balck power. poster jazz, blues, foto, oggetti africani. se vuoi ti colorano i capelli e te li acconciano, io non ho voluto, ho perso la mia occasione. la gente che va in chiesa e' elegante. le bambine sono avvolte da gonne lunghe e morbide, i bambini stratti in giacche spigolose e cravatte.
gli uomini hanno il cappello e sfuggono spesso crespi ciuffi brizzolati. le donne scarpe con tacco, borsette lucide. grandi sorrisi. bianchi. entrano ed escono dalle chiese, le macchine in doppia fila, risate, gelati.prima che entrassi mi hanno chiesto se mi sentivo "cool", se volevo fare un giro interessante ad harlem, ho detto di no: mi sento cool, ma il giro lo voglio fare da solo.harlem e' un quartiere, a tratti un ghetto. non e' degrado, non lo e' piu', se prima lo e' stato. non e' una contraddizione. non sono entrato in nessuna comunita', non volevo sentirmi turista, anche se so che non sarebbe importato, avevo lo zaino da giovane marmotta.il confine di harlmen ad est e' la stazione. si passa sotto il cavalcavia e tutto cambia. qui inizia il degrado, lento, povero, forse cio' che ieri era harlem. i colori cambiano, i capelli sono lucidi ora, lisci, tirati indietro in piccole ciocche appiccicate, brillantina. camicie a quadri, figure piu' basse, tozze, bianche. volti a punta, sguardi sfuggenti. musica latina. Il barrio. Ho camminato anche qui, in lungo e largo, senza nulla da vedere se non la vita, li' sulla strada, consumata tra parole e gesti. non mi e' piaciuto e sono tornato ad harlem. mi sono sentito un po' piu' a casa tra quei pantaloni e magliette larghe, spalle con stereo sopra che fanno vibrare l'aria, e la mia testa a seguire il ritmo. c'e franco che vende quadri e stampe: ha dipinto opere sulle saracinesche dei negozi della 125 st. mi chiede se compare il suo nome sulla mia guida, controllo, no non c'e', non potevo mentire. apre una guida giapponese di ny che ha sul banchetto e mi fa vedere che e' citato. io farei causa alla casa editrice.in un fast food ho comprato pollo fritto, di forma a crosta strane, e l'ho mangiato camminando, per starci dentro. mi sono ustionato il palato.nonostante harlem, il colore e la musica: NON HO TROVATO UN NEGOZIO DI STRUMENTI MUSICALI ! ! ! ! ! !

posted by io @ 6:31 PM

2 Comments:

At 05:19, Anonymous Anonimo said...

Una domanda: ma alla messa ti hanno fatto entrare o no? Ah, altra domanda: a New York riconoscono la tua italianità? Come sai, ovunque io vada vengo sempre preso per slavo. Tu, invece?

 
At 14:36, Blogger io said...

non sono entrato per scelta....ci riprovero' la prossima settimana. quando stavo per entrare mi sono sentito troppo turista ed ho preferito non farlo :(
fortunatamente finche' non parlo la fascia da italiano stile miss non si nota, passo abbastanza inosservato, se non fosse per lo zainetto da turista, ma ormai non mi serve piu' nemmmeno quello

 

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