messo

published by joe

alla porta



domenica, ottobre 08, 2006

mettetevi comodi che vi racconto una storia...(l'arrivo)

ho appuntato un commento sul giornale, ma non mi va di scriverlo ora, ve lo troverete come nota a margine, forse. Passo per bronxville (esite anche manhattanville, se vi puo' interessare) ed arrivo a Whiteplains, meta finale, approdo indefesso, itaca del mio imbarazzo. Prima di partire, telefonata di conferma con orario d'arrivo, nemmeno il papa fa' tutto sto' casino quando si muove, ma che volete, sono straniero in terra straniera ed ho bisogno di aiuto, e lo vado a cercare li', dopo bronxville, molto dopo, a whiteplains....ed invece no.
E' un pezzo grosso lui, almeno cosi' mi dicono, lavorano in un ospedale, lui e la moglie, nel bronx. Bha, tutti qui in america sono dei pezzi grossi, i manager delle file, le guardie, gli spazzini, chissa' questi...vado (im)preparato ad ogni evenienza: mi resta solo l'imbarazzo del pranzo e delle chiacchierate, ma spero duri poco.
Scendo dal treno, appuntamento al parcheggio davanti la stazione appe 12:30; sono le 12:18(sono sempre in anticipo, per scelta), aspetto. Mi guardo intorno. Arrivano macchine in continuazione, sara' questo (vinc)enzo? Speriamo non sia questo (vinc)enzo! Vecchie dodge, mercedes, pick up, familiari, suv, carcasse: passa di tutto, ma non ancora lui: mi sento quasi sollevato.... Il tempo passa, non so se chiamare: non solo mi vengono a prendere, ma faccio anche il rompixxxx: "ciao io sono qui e tu ancora non sei arrivao!", noo, non mi sembra il caso. l'orario l'ho capito bene, ne sono convinto, sara' in ritardo, aspettiamo.
12 e 47, squilla il telefono, e' lui. Mi chiede dove sono, lui e' nel parcheggio. "Lo vedi il grande orologio?", no, non lo vedo, mi muovo, mi dice di guardare avanti, vedo lui, e' dall'altra parte della strada, sventola il braccio, mi dice di raggiungerlo. inizio a camminare e mi volto un istante: IO ERO SOTTO IL GRANDE OROLOGIO, una torre di 20 metri!!! mentre mi avvicino si delineano 2 baffi italiani sotto un cappellino americano; ci salutiamo, stretta di mano e ci avviciniamo verso la sua macchina: una Honda S2000, 240 cv , 0-100 in 6.3 per una v max di 240 (km/h). Bene, saltati i convenevoli e le presentazioni piu approfondite, la macchina mi da' l'opportunita' di portare avanti una discussione fluida e piu' o meno continuativa: parlo sciolto, lui si capisce, ha l'accento italiano, ogni tanto usa qualche parola in dialetto. il limite e' 65 mph, lui va a 100, e ogni tanto allungo il piede, d'istinto, per frenare.
Parliamo dei motivi che lo hanno spinto a trasferirsi li', a un'ora dal bronx. Siamo in montagna, ci sono boschi, laghi, superstrade. Una nuova america, quella che inizia intorno a manhattan, intorno a new york. Arriviamo, finalmente a casa; finalmente perche'la conversazione iniziava a languire: tutto e' piu' grande qui, ti piacciono quelle macchine? quello e' l'Hammer...l'imbarazzo si affacciava nuovamente. Casa, salvezza, nuovo scalino di questo "rialzo" che mi sono trovato a giocare.
Zona residenziale, strada privata che si annoda intorno a piccole colline, case bianche su 2 o tre livelli con abbaini ai lati, PROPRIO COME NEI FILM, dove la mattina passa il pulmino giallo a prendere i bambini; vita costosa e tranquilla, lontana dal mostro. scendo dallo spiderino mentre si apre la saracinesca automatica del garage, entriamo in casa da li'. Conosco maria, la cugina degli amici dei miei, stratta di mano, si avvicina per un bacio e glie ne ammollo 2, all'italiana, e mi fanno strada. sala hobbie con calcio balilla, 2 macchine da palestra, televisore lcd acceso per nessuno, piccolo bar e porta finestra per uscire fuori. saliamo. cucina, enorme, salone e soggiorno, conosco le figlie, una bambina e una teen ager bionda(...), e la mamma di (vinc)enzo, una simpaticissima signora di xxanta anni con baffi, che parla solo italiano (mezzo dialetto beneventano).
Delle patate stanno bollendo in una pentola, buste della spesa a terra, una torta in preparazione sull'isola centrale, mamma e figlia impegnata a cucinare, ho tanta fame, comincio a chiedermi quando mangeremo, non ho fatto colazione e non ricordo nemmeno la cena del giorno prima. Mi tolgo il giubotto sfoderando il mio petto zooyork(ed), poso a terra il mio compagno di viaggio, rosso energie-zzante, e con poco imbarazzo tiro fuori una bottiglia per (vinc)enzo e 2 presenti per le bimbe da parte della cugina italiana. Enzo prende la bottiglia, incartata, e la poggia in un angolo, mi sento triste: ok, era solo un merlot (che a me piace molto), pero' un minimo di curiosita', interesse, gentilezza, nei confronti del mio pensiero, tanto sofferto...ma siamo tutti italiani, oggi conta lo stare insieme, non la forma, solo la sostanza, la paesanita'.

posted by io @ 11:39 PM