mettetevi comodi che vi racconto una storia...(prologo)
non c'e' inizio ne' fine, non c'e' trama: c'e' imbarazzo, forse, e spirito di comunione, spirito italiano, quello dei paisa'."..si stav meglio no' bronc, qui un ce sta niende. Noi stavamo fori, a parlare, co li case aperte. tutta gente italiana. ora un ce sta chiu nessuno, tutti se ne sono andati. Qui un posso andare da nessuna parte, non posso andare alla funzione, ao suppermarche."
Non inizia cosi' la storia, ma e' cosi' che ad un certo punto si e' ritrovata, in una vecchia seduta su una poltrona, con gli occhi lucidi a pensare al suo bronx, al marito morto, al figlio morto, e alla vita, solitaria, nella grande casa del suo secondo figlio, (vinc)enzo.
I genitori vogliono stare tranquilli ed io, per loro, ho fatto anche questo: sono andato da lia maria e (vinc)enzo, a portare i saluti, a farmi garantire aiuto e protezione, non quella del picciotto, in caso di bisogno, ad alleggerire l'invisibile ed inammissibile preoccupazione di un genitore quando un figlio parte in guerra, parte per new york.
Non sono qui per cercare fortuna, la mia fortuna e' a roma, e' li' da anni ormai, la mia fortuna, una dedica su un vecchio libraccio - se solo cosi' si potesse chiamare - sono qui per lavorare, e non sono in guerra, non sono in un paese del terzo mondo, non ho bisogno di scatole di medicinali, cerotti, cotone, disinfettante....Ma qui ci sono amici, o meglio parenti di amici, amici non miei, amici dei miei; una catena troppo lunga per i miei gusti, distanza 3, non mi piace.
Ho dei presenti da consegnare, una scusa, lo sappiamo bene noi.
Chiamo, supero il primo momento di imbarazzo, sono un po' piu' a mio agio.
Richiamo, dopo qualche giorno, secondo momento di imbarazzo superato, scatta l'agreement: ci vedremo, come quando e perche', tutto da decidere, devono richiamarmi.
Ci sentiamo per la terza volta; vogliono venire a prendermi a casa, abitano a un'ora e mezza di macchina da manhattan: e' folle, non sopporterei il terzo momento di l'imbarazzo, mi sentirei troppo a disagio. Non voglio essere "protetto", non ho bisogno di nulla qui, non voglio tamponare le altrui infezioni cerebrali con me stesso: prendero' un treno, scrivo destinazione, orario, linea ferroviaria - i'm on the ball.
Imbarazzo #4: cosa portare. fiori alla signora? devo viaggiare in treno, mi sentirei un idiota. Cioccolatini? troppo impersonale, e come dice il cinghiale, ricordano gli ospedali. Qualcosa di caratteristico? vivo nel loro stesso posto, migla in piu' miglia in meno, e loro sanno meglio di me che qui, di caratteristico, ci sono i topi in metropolitana. Andiamo con la classica bottiglia di vino, italiano, tra paesani, no? Compro la bottiglia, ma mi sento ancora a disagio, forse dovrei portare altro, mi stanno invitando a pranzo, ho due piccoli regali da dare alle figlie, dovrei aggiungere qualcosa per la signora....oppure no. cazzo, si parte. Almeno speriamo bevano vino, e rosso.
grand central terminal, michele ( il cinghiale, per chi non avesse ancora capito, nick name ceng) mi accompagna, mi saluta, e mi sento un po' giuda a lasciarlo li' cosi', mentre io mi vado a "divertire" - non ero SUFFICIENTEMENTE in confidenza per portarmi dietro il mio compagno di sventura....
posted by io @ 8:45 PM
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